Undici anni dopo se lo chiede Frankie Lampard, che ha appena preso il posto dell’esonerato Graham Potter sulla panchina del Chelsea. Una situazione che gli ricorda quella di quando giocava e Roberto Di Matto divenne a marzo il nuovo manager dei Blues, al posto del portoghese André Villas Boas. Così arrivarono le rimonte contro Napoli e Barcellona (in semifinale) nella Champions e poi l’incredibile vittoria ai rigori nella finale di Monaco di Baviera che il Bayern aveva la fortuna di poter giocare in casa e, invece, perse. Allora perché non sperare che, a cominciare dalla doppia sfida nei quarti contro il Real Madrid campione in carica (anche il Barça, all’epoca, lo era), il miracolo si ripeta? “C’è molto da fare, ma non si sa mai – le parole di Lampard alla vigilia dell’andata contro ‘le merengues’ di Carlo Ancelotti -. Mi ricordo che parcheggiammo il bus della squadra al Camp Nou e tra di noi ci dicemmo che saremmo andati a combattere per le nostre vite. Tenemmo duro e l’impresa ci riuscì”. Il segreto fu che “avevamo un grande desiderio, altrettanto carattere e un livello alto di talento in un gruppo che ha lottato per anni per vincere una Champions League e, alla fine, ci è riuscito. Il concetto vale anche oggi – aggiunge -: una squadra e un gruppo attraverseranno sempre momenti difficili per arrivare a diventare grandi”. Per cercare di fare risultato al Bernabeu, Lampard punta su Sterling, che ha faticato molto da quando si è trasferito dal Manchester City lo scorso anno, segnando finora solo 7 reti con la maglia del Chelsea. “È stato uno dei migliori esterni del mondo per molto tempo – dice -, a volte, forse secondo l’opinione di alcune persone, il migliore. Non ricordo quante volte ho detto a giovani attaccanti esterni ‘guarda Raheem Sterling e scopri perché segna 20 gol a stagione”.